Media relations

di Eugenio Monaco, pubblicato sul mensile Fogli, n. 389 gennaio 2013, p. 12-13Relazioni-con-i-media_rid

Mettere al centro la persona, non è una questione tecnica, è frutto di una prospettiva antropologica la cui rilevanza non può sfuggire a chi è attento alla dimensione educativa della formazione, in questo caso universitaria. È quanto avviene con il recente volume La relazione con i media. L’ufficio stampa delle istituzioni senza scopo di lucro, di M. Carroggio, B. Mastroianni, F. Gagliardi (Aracne editrice, Roma 2012, pp. 288, € 17), un manuale rivolto agli studenti delle facoltà di Comunicazione Istituzionale.

Nell’aggiornata visione dell’ufficio stampa proposta dagli autori, che coniugano la triplice esperienza di giornalisti, di comunicatori istituzionali e di docenti universitari, questo è il «luogo d’incontro fra il giornalista e il professionista della comunicazione che lavora all’interno di un’istituzione.

Ciò che unisce – o dovrebbe unire – queste due professioni (giornalisti e addetti stampa) è il servizio al cittadino.

Quest’ottica incentrata sulla persona, ricorrente lungo il libro, offre una prospettiva del tutto originale […] sulle media relations, con una forte carica etica e non solo deontologica. Nel libro infatti non si parla di codici ma di atteggiamenti professionali, come se per gli autori – secondo una visione che condivido pienamente – etica e professionalità fossero finalmente la stessa cosa».

Le parole sono di Stefano Lucchini, direttore delle relazioni internazionali e comunicazione Eni, il quale nella prefazione aggiunge che «il contesto attuale di moltiplicazione ad infinitum delle fonti online e non, rende ancora più necessario il ruolo di “interprete” del giornalista. Ruolo che può essere svolto con efficacia

se supportato e potenziato da uno sforzo informativo da parte delle istituzioni che compongono la società» (p. 12).

Nell’introduzione si sottolinea che le organizzazioni che non hanno uno scopo di lucro (la sola Encyclopedia of International Organizations ne cita 40.000) offrono un servizio alla società che «non può al giorno d’oggi essere scollegato dalla sua dimensione comunicativa », perché «comunicare in modo completo e interessante ciò che si sta facendo per il bene della collettività è una parte importante del contributo sociale che ciascuna istituzione no-profit cerca di realizzare» (p. 13).

Nella visione degli autori, «l’addetto stampa non è più solo un portavoce del messaggio istituzionale ma si evolve in un mediatore che tenta di conciliare due interessi: il bene istituzionale e quello informativo », secondo «un modello dialogico di relazioni con i media, in cui l’apparente contrapposizione tra comunicatori istituzionali e giornalisti si risolve nella prospettiva della mediazione» (p.14).

Il libro ha uno schema tripartito: il contesto della comunicazione istituzionale, le tappe necessarie per un proficuo lavoro di relazioni con i media, infine, nella terza parte, un vademecum degli strumenti classici dell’ufficio stampa: comunicato, conferenza stampa, foto, interviste, dichiarazioni, rettifiche, smentite ecc.

Un cenno viene dedicato anche alle crisi informative, dovute a errori dell’istituzione o di un suo membro, oppure dovute alla diffusione di notizie negative non certe. Tra le varie considerazioni troviamo questa: «Un messaggio unico, un portavoce unico, un’unica fonte di informazioni. Questo è uno degli scopi principali del lavoro di comunicazione durante una crisi. Evitare che vi sia dispersione, disunità, incoerenza» (p. 184).

Uno strumento molto utile per ogni organizzazione, anche quelle scolastiche.

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